E’ stato Schilder ad esplorare per primo i fenomeni dell’immagine corporea in rapporto a comportamenti normali e abnormi. Egli la definisce come “quel quadro del nostro corpo che formiamo nella nostra mente, ossia il modo in cui il nostro corpo appare a noi stessi.” L’immagine che abbiamo del nostro corpo è dinamica e pertanto si evolve nel tempo, destrutturandosi e ristrutturandosi continuamente in rapporto sia allo sviluppo, sia alle esperienze personali e sociali dell’individuo. Se è possibile affermare che nell’età adulta l’immagine del corpo pervenga al più alto grado di stabilità, si deve tuttavia riconoscere la presenza di fattori capaci, direttamente o indirettamente, di produrre ulteriori trasformazioni. La malattia può essere uno di questi fattori.
1) Nell’anoressia...
si crea una sfasatura tra l’immagine corporea reale e l’immagine corporea percepita. Le anoressiche hanno infatti la percezione illusoria di essere grasse, anche se non lo sono affatto. Alcune vedono in questo modo tutto il loro corpo, altre soprattutto parti di esso, come la pancia, i glutei o le cosce. Paradossalmente, tale convinzione si accentua con l’aggravarsi dello stato di denutrizione.
Il disturbo dell’immagine corporea viene considerato dalla Bruch come il primo sintomo caratteristico dell’anoressia mentale primaria. Nell’altra forma di anoressia, quella da lei definita “atipica,” le preoccupazioni per il corpo e per il peso, pur essendo presenti, non assumono proporzioni così notevoli. Inoltre, mentre l’anoressica pura si identifica col suo aspetto scheletrico e ne nega le anomalie, l’anoressica atipica è consapevole del suo evidente stato di emaciazione. Nella terminologia più recente, la prima forma verrebbe considerata egosintonica, mentre la seconda egodistonica.
Quando descrive le sue pazienti, la Bruch afferma che esse non si preoccupano affatto della loro eccessiva magrezza, anzi la difendono con energia e ostinazione, negandone il carattere anomalo. Le anoressiche affermano che le preoccupazioni degli altri sono prive di fondamento, perché loro stanno benissimo, anzi, non si sono mai sentite meglio. Questa negazione del proprio aspetto denutrito è tipica dell’anoressia mentale
vera e propria. Infatti, pazienti che abbiano perso peso per altre cause non solo ammettono senza difficoltà di essere troppo magre, ma si dimostrano preoccupate per la perdita ponderale e vogliono porvi rimedio.
Mara Selvini Palazzoli sottolinea che la caratteristica costante nel quadro clinico delle anoressiche sia proprio la ferrea volontà di emaciazione. Le ragazze vogliono essere magre a tutti i costi e sembrano non avere coscienza né della loro malattia, né del loro aspetto fisico: esse continuano a vedersi grasse e a voler perdere peso, in quanto il loro corpo non viene mai considerato abbastanza sottile.
2) La vigoressia
viene anche definita come anoressia inversa, in quanto, apparentemente, i sintomi sono opposti a quelli dell’anoressia nervosa: la paziente anoressica si vede sempre grassa pur essendo magrissima, mentre il vigoressico (in prevalenza di sesso maschile) si vede sempre magro e non abbastanza muscoloso anche quando ha raggiunto un fisico molto atletico (Ferrari e Ruberto, 2012).
La caratteristica principale di questo disturbo è una forte insoddisfazione e preoccupazione nei confronti del proprio fisico, che è visto come asciutto e poco muscoloso e quindi bisognoso di continuo esercizio. Il doversi continuamente esercitare può diventare una vera e propria mania e trasformarsi, di conseguenza, in una dipendenza, la quale comporta, come tutte le addiction, un cambiamento radicale nelle abitudini quotidiane.
Le persone che soffrono di questa patologia cambiano radicalmente la loro visione dello sport, modificando aspettative e tempo dedicato ad esso. L’esercizio diventa una priorità assoluta con conseguenze spesso drastiche nella vita sociale: sia nei rapporti affettivi, sia nella vita lavorativa, che vengono messi in secondo piano o addirittura abbandonati. Qualsiasi altra attività del tempo libero che non sia legata alla disciplina praticata viene trascurata e, solitamente, viene anche adottato un abbigliamento conforme alle esigenze della pratica sportiva (Velea, 2016).
La persona affetta da dismorfia muscolare trasforma inoltre le sue abitudine alimentari, prediligendo una dieta molto rigida e salutista, nella quale sono incluse grandi quantità di alimenti iperproteici, importanti per lo sviluppo muscolare, mentre sono quasi completamente evitati i cibi ricchi di grassi e carboidrati (Amabili, 2013). L’alimentazione risulta quindi limitata ed ossessiva, danneggiata talvolta da uno strappo alla regola, considerato un’eccezione e accompagnato da un gran senso di colpa, che la persona combatterà facendo ore e ore di esercizio fisico (Spinetta e Passoni, 2015). Al tempo stesso però, è molto frequente l’uso (e l’abuso) di integratori e sostanze anabolizzanti che risultano, nella mente del malato, fondamentali per aumentare la massa muscolare, per migliorare le proprie forme fisiche e per poter andare oltre i limiti fisici posti dalla natura umana (Amabili, 2013).
Nonostante tutte queste modificazioni nelle abitudini e nonostante la smisurata quantità di esercizio fisico svolto, il vigoressico vedrà sempre il suo corpo come troppo magro e troppo poco muscoloso (Stagi, 2008). Di conseguenza, cercherà di evitare o si sentirà in imbarazzo in tutte quelle situazioni, anche intime, in cui si troverebbe a dover, in qualche modo, esporre la propria fisicità.
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