Il Disturbo Bipolare (o disturbo maniaco-depressivo, o bipolarismo o depressione bipolare) è un disturbo dell’umore che colpisce circa il 3% delle persone nell’arco della vita, sebbene circa il 5-10% della popolazione generale soffra di disturbi della sfera affettiva. È un disturbo complesso, difficile da riconoscere, anche perché il quadro clinico è multiforme e frequentemente associato ad altri disturbi psichiatrici quali l’abuso di sostanze, i sintomi psicotici (come deliri ed allucinazioni), i disturbi di personalità, i disturbi d’ansia, i disturbi del controllo degli impulsi.
Il soggetto che ha un disturbo bipolare non ha la consapevolezza di averlo nella maggior parte dei casi, perché le fasi ipomaniacali e maniacali sono percepite come normali. È un disturbo che se non riconosciuto e curato correttamente può avere gravi conseguenze: molte ore di lavoro perse, rottura di relazioni affettive, periodi di spesa eccessiva e immotivata, periodi di maggiore disinibizione sessuale o di maggiore litigiosità e nervosismo, maggiore rischio di suicidio, oltre a molta sofferenza soggettiva.
Il disturbo bipolare è caratterizzato dalla perdita più o meno marcata di questo equilibrio, per cui si osserva da un lato, un’instabilità affettiva, una labilità emotiva, una lunaticità esasperata, che si riflette nella vita personale e relazionale del soggetto; dall’altro, momenti di fissazione del tono dell’umore, tra la depressione da una parte e l’eccitamento (ipo)maniacale dall’altra. Con l’umore variano i livelli di energia fisica, la sensazione di maggiore o minore efficienza mentale, la qualità e la forza dei pensieri, il sonno, l’appetito e il peso, la reattività agli eventi e alle provocazioni. In pratica assieme all’umore vengono coinvolte le emozioni, i pensieri, i comportamenti, il modo di prendere le decisioni e le priorità.
Il disturbo bipolare si può presentare in una fase di eccitamento (ipo)mania o in una di depressione.
Cause del disturbo bipolare
L’eziopatogenesi del disturbo bipolare è complessa, ed è condizionata da fattori genetici, biologici e psicologici, che ne costituiscono aspetti di vulnerabilità ma anche di mantenimento. Il ruolo dell’ereditarietà genetica è dimostrata. Una storia familiare positiva per il disturbo bipolare, specialmente se ad essere ammalato è un parente stretto, come la madre o il padre, aumenta il rischio di più di 10 volte di ammalarsi di questo disturbo. Ma un ruolo importante precoce è assegnato ad aspetti familiari, come la presenza di alta emotività espressa, oppure ad eventi di tipo traumatico. Il complesso modello biologico risente di molti sistemi neurotrasmettitoriali (serotonina, dopamina, noradrenalina, glutammato, gaba), recettoriali e neurotrofici, così come di diversi aspetti psicologici.
La presenza di un temperamento affettivo premorboso si associa ad un maggior rischio di sviluppare il disturbo bipolare. Sono descritti 4 temperamenti affettivi: il temperamento ipertimico, cioè essere strabordanti di vitalità ed energia; il temperamento irritabile, caratterizzato da esplosioni di rabbia sproporzionate alle cause, il temperamento ciclotimico con forti oscillazioni dell’umore e dell’energia verso l’alto e verso il basso; ed infine il temperamento depressivo, caratterizzato dalla tendenza alla tristezza, al pessimismo, alla scarsa energia vitale. Tra le variabili psicologiche la variabilità del senso d’autostima e la sensibilità ai diversi momenti delle relazioni interpersonali giocano un ruolo importante. Tuttavia, risente anche della variazione delle ore di luce solare o delle stagioni, o delle variazioni nel ciclo ormonale nelle donne.
Terapia del disturbo bipolare
Obiettivo della terapia è la risoluzione della fase di malattia (depressione e (ipo)mania) da una parte, ma contemporaneamente la stabilizzazione dell’umore e le prevenzione delle ricadute dall’altra, per ridurre frequenza, intensità e durata delle eventuali fasi successive.
La terapia del disturbo bipolare non può prescindere da un trattamento farmacologico, somministrato dietro accurata e attenta supervisione da parte di uno psichiatra esperto. La maggior parte delle persone che ha un disturbo bipolare, anche grave, può raggiungere un livello di stabilizzazione della malattia e condurre una vita normale. Poiché il disturbo bipolare è una malattia ricorrente, è quasi sempre indicato un trattamento di lunga durata, talvolta a vita.
La terapia farmacologica si basa su più categorie di farmaci a seconda della fase di malattia e della risposta individuale. Gli stabilizzatori del tono dell’umore sono tuttavia considerati in letteratura la classe di farmaci centrale nella cura del disturbo bipolare. La loro efficacia riguarda sia la cura delle fasi depressive che maniacali, ma anche la prevenzione delle ricadute. Di prima scelta sono i sali di litio e l’acido valproico (Depakin), ma anche altri stabilizzatori possono essere utilizzati a seconda dei casi, come la carbamazepina (Tegretol) e la lamotrigina (Lamictal). Recentemente anche gli antipsicotici atipici hanno dimostrato una buona efficacia nel trattamento delle fasi maniacali, ma anche una buona efficacia nella prevenzione delle ricadute. Alcuni esempi sono costituiti dall’olanzapina (Zyprexa), dal ripseridone (Risperdal), dalla quetiapina (Seroquel), dall’aripiprazolo (Abilify), dalla clozapina (Leponex) e più recentemente dall’asenapina (Sycrest).
Sebbene le possibilità farmacologiche siano ampie, i farmaci sopra citati risultano non sempre efficaci verso la depressione e le ricadute depressive. In alcuni casi si associano farmaci antidepressivi al trattamento in atto, anche se questa pratica deve essere valutata attentamente visto il rischio di viraggi verso la mania che questo comporta, mentre altre volte si possono associare farmaci ipnoinducenti per i relativi disturbi del sonno.
Psicoterapia del disturbo bipolare
Associare una psicoterapia al trattamento farmacologico costituisce il miglior trattamento per il disturbo bipolare al momento, perché aumenta efficacia al trattamento della depressione, porta all’eliminazione di eventuali sintomi residui, migliora la gestione dello stile di vita personale del soggetto, l’aderenza alla terapia farmacologica, il monitoraggio dei sintomi e quindi la tempestività degli interventi, la gestione degli aspetti relazionali e le strategie mentali di padroneggiamento dei sintomi. Tutto ciò si traduce in una diminuzione del numero e della durata degli episodi, una diminuzione dei ricoveri ospedalieri e dei tentativi di suicidio, una migliore qualità di vita percepita.
Le linee guida indicano la psicoterapia cognitivo-comportamentale e quella interpersonale come le uniche efficaci. La terapia familiare può essere un’alternativa riservata ai casi con disturbo bipolare ad esordio precoce familiare.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale per il disturbo bipolare si basa inizialmente sulla psicoeducazione al disturbo bipolare, alle fasi, ai sintomi, agli aspetti prognostici, ai farmaci, e prevede schede di automonitoraggio di alcuni sintomi chiave come il sonno, l’umore, etc. Poi si rifà più propriamente alle tecniche della terapia cognitivo-comportamentale (come le tecniche comportamentali, il problem solving, il lavoro sulle credenze, etc), assumendo indicazioni specifiche per il disturbo e per il paziente.
Il trattamento più completo e complesso al momento per la cura del disturbo bipolare sostanzialmente si divide in più fasi. Il primo passo si basa su un’attenta valutazione psicodiagnostica e un’accurata anamnesi psichiatrica e farmacologica, in modo da personalizzare il trattamento.
La prima fase del trattamento del disturbo bipolare è la messa a punto della terapia farmacologica, che verrà di volta in volta adattata rispetto ai cambiamenti del paziente e al razionale dell’utilizzo dei farmaci da parte di uno psichiatra esperto.
In associazione ad una psicoeducazione secondo il modello di Colom e Vieta, che può durare un minimo di 8 sedute a cadenza settimanale, fino ad un massimo di 21 sedute.
La seconda fase della terapia per il disturbo bipolare prevede un protocollo cognitivo comportamentale s
econdo il modello di Newman e Beck, con l’utilizzo di tecniche cognitive e comportamentali che solitamente dura circa 50 sedute, al quale segue un periodo di follow up con sedute a cadenza mensile e poi altre sedute che possono variare di frequenza temporale.
Le visite psichiatriche di controllo saranno svolte secondo necessità e accordi presi con lo psichiatra.
Contemporaneamente in questa seconda fase può essere utile utilizzare la terapia metacognitiva di Wells, con il suo modulo in 8 passi per la gestione della ruminazione e per i problemi di attenzione selettiva.
La terza è una fase sperimentale, che utilizza tecniche metacognitive o di mindfullness, che prosegue con sedute che hanno una frequenza da concordare, ed è finalizzata alla prevenzione delle ricadute nel lungo termine.
Tecniche psicologiche utilizzabili nel trattamento del disturbo bipolare:
Psicoeducazione individuale o di gruppo secondo il modello di Colom e Vieta: al disturbo, ai farmaci, alle fasi, ai sintomi prodromici, ai fattori scompensanti l’equilibrio. Può essere estesa ai familiari o di coppia.
Comportamentali secondo Newman e Beck: tecniche per ridurre la depressione, l’attivazione ipomaniacale, l’impulsività, l’insonnia.
Cognitive secondo Newman e Beck: per gli aspetti cognitivi, gli schemi di sé e degli altri, sugli aspetti cognitivi del rischio suicidario, per la terapia dei sintomi psicotici.
Metacognitive secondo Wells: per la cura della ruminazione e per i problemi di attenzione selettiva.
Metacognitive Interpersonali secondo Popolo e Dimaggio: tecniche in fase sperimentale per questo disturbo, che si basano sugli studi d’efficacia nella schizofrenia, per migliorare la regolazione degli stati mentali problematici e per la terapia dei sintomi psicotici.
Interventi familiari e di coppia: ove necessario a seconda dei casi e dell’età dei soggetti.
Mindfullness: per la prevenzione delle ricadute depressive.
Comentarios