Possono le emozioni influenzare la nostra postura?
E’ ampiamente dimostrato dalla psicosomatica questa correlazione indissolubile che collega psiche organi visceri e colonna vertebrale. Corpo e Psiche sono intimamente legati Avete mai osservato la posizione delle vostre spalle quando siete tristi? Tende a chiudersi, mentre quando siete entusiasti le vostra posizione assume una postura piu’ sicura ed aperta. Oppure vi siete mai ritrovati dopo una situazione stressante irrigiditi nei muscoli del volto,con i pugni ancora chiusi oppure i glutei serrati ? Questo è un esempio semplice che ci indica come Il corpo e la mente siano strettamente connessi tra loro.
Se è vero che la postura ricurva è per antonomasia una delle manifestazioni posturali corporee della tristezza, è anche da riconoscere il ruolo di feedback che tale postura ha nel mantenere o probabilmente accrescere la tristezza, le memorie a valenza negativa e le relative convinzioni autosvalutative del sé.
Un recente studio ha analizzato gli effetti di differenti posture sulla tendenza di soggetti clinicamente depressi a richiamare alla memoria episodi e ricordi negativi autoriferiti.
Trenta pazienti con diagnosi di depressione e sono stati coinvolti nello studio chiedendo loro di assumere una posizione slumped oppure una postura eretta mentre immaginavano mentalmente sé stessi leggendo parole positive o negative-depressive presentate sullo schermo di un pc.
Al termine della presentazione delle parole è stato chiesto loro di rievocare e verbalizzare quante più parole possibile avevano visualizzato. Dai dati è emerso un interessante effetto di interazione tra il tipo di postura assunta e il tipo di parole visualizzate (in termini di valenza): i pazienti che avevano assunto una postura ricurva presentavano un bias nel recupero mnestico di parole a valenza emotiva negativa, e cioè rievocavano in misura maggiore parole negative rispetto a parole positive; effetto assente in pazienti depressi ma che durante il compito avevano assunto una postura eretta.
Dunque , anche minimi cambiamenti a carico del sistema motorio possono influenzare uno dei bias cognitivi chiave in gioco nella depressione.
Un altro studio ha esaminato come la postura del corpo durante il movimento influisce sul livello soggettivo di energia. Il professor Erik Peper e il suo team hanno scoperto che modificare la postura del corpo, assumendo una posizione più eretta, permette di migliorare sia l’umore che il proprio livello di energia.
110 studenti universitari hanno valutato il loro livello di energia prima di fare una camminata: la consegna era quella di procedere per qualche minuto in una posizione rilassata e di proseguire poi saltellando. Dopo entrambi i tipi di movimento, rilassato e saltellante, gli studenti erano invitati nuovamente a valutare il loro livello di energia.
Dopo la camminata rilassata, i partecipanti hanno sperimentato una diminuzione della loro energia personale, mentre dopo avere saltellato hanno sperimentato un aumento significativo di energia. Nella seconda parte del test venivano valutati anche i sentimenti e sintomi legati alla depressione dopo i due tipi di camminata. Anche in questo caso gli studenti hanno riferito di sentirsi più depressi dopo la camminata rilassata, mentre lo erano decisamente meno quando saltellavano.
In conclusione, cambiando posizione, il livello di energia soggettivo può essere diminuito o aumentato. Anche nella cura della depressione quindi è bene ricordare che, insieme a interventi farmacologici e psicoterapici, semplici accorgimenti come il cambio di postura mentre si cammina può essere un valido supporto al miglioramento del tono dell’umore e del senso di energia personale.
BIBLIOGRAFIA:
Michalak, J., Mischnat, J. & Teismann, T. (2014). Sitting Posture Makes a Difference—Embodiment Effects on Depressive Memory Bias. Clinical Psychology and Psychotherapy. Published online in Wiley Online Library (wileyonlinelibrary.com). DOI: 10.1002/cpp.1890
Peper, E. & Lin, I.M. (2012). Increase or Decrease Depression: How Body Postures Influence Your Energy Level. Biofeedback, 40(3): 125-130. DOI: http://dx.doi.org/10.5298/1081-5937-40.3.01

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