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Depressione: sintomi e trattamento

I sintomi della depressione

Come si manifesta e quali sono i sintomi della depressione che accomunano le diverse tipologie di disturbo depressivo e che si ritrovano trasversalmente a esse?

Anzitutto la depressione è caratterizzata da sono un umore depresso e/o una diminuzione di interesse e/o piacere per le attività quotidiane (tra cui anche diminuzione del desiderio sessuale). Generalmente insorgono emozioni di tristezza profonda e continua, disperazione, apprensione, rabbia, apatia. La persona si sente emotivamente labile con facilità al pianto, emergono pensieri di autosvalutazione e colpa, pessimismo, pensieri negativi e calo di autostima; nella depressione possono essere presenti anche pensieri di morte, impotenza e ideazione/pianificazione suicidaria. Con la deflessione del tono dell’umore variano anche i livelli di energia fisica, faticabilità, la qualità del sonno e  dell’appetito. Nella quotidianità la persona può percepire maggiore faticabilità e sensazione di stanchezza, una marcata difficoltà nella concentrazione e indecisione nell’affrontare le proprie incombenze o semplici azioni. A livello cognitivo  generalmente è presente una ricorrente ruminazione e/o rimuginio. Inoltre anche la diminuzione o l’aumento di peso corporeo e dell’appetito, così come ipersonnia o insonnia sono sintomi che possono insorgere in un quadro di depressione. I disturbi depressivi (o depressione unipolare) si caratterizzano per l’assenza di episodi maniacali o ipomaniacali nella storia del paziente.

La depressione può manifestarsi con diversi livelli di gravità: alcune persone presentano sintomi depressivi lievi e transitori, mentre altre presentano forme di depressione più gravi e hanno una estrema difficoltà e disagio nel compiere le attività quotidiane per periodi più lunghi di tempo.


Tipologie di depressione: i disturbi depressivi

Parlare di depressione può voler dire tecnicamente riferirsi a specifici disturbi depressivi (o potremmo dire, diverse tipologie di depressione) tra cui:

Episodio depressivo maggiore

All’interno del gruppo dei disturbi depressivi possono insorgere singoli episodi di alterazione del tono dell’umore e l’accertamento dell’insorgenza di tali episodi nel tempo è estremamente rilevante ai fini diagnostici. Quindi, ad esempio, quando si parla di depressione potrebbe trattarsi di un episodio depressivo maggiore che è caratterizzato dalla presenza – durante e per almeno un periodo di due settimane – di almeno cinque dei seguenti sintomi (di cui necessari uno dei primi due è necessario per fare diagnosi di episodio depressivo maggiore):

  1. umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni (come riportato dall’individuo o come osservato dagli altri);

  2. marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni;

  3. significativa perdita di peso, non dovuta a dieta, o aumento di peso (per es., un cambiamento superiore al 5% del peso corporeo in un mese) oppure diminuzione o aumento dell’appetito;

  4. insonnia o ipersonnia quasi tutti i giorni;

  5. agitazione o rallentamento psicomotori quasi tutti i giorni;

  6. faticabilità o mancanza di energia quasi tutti i giorni;

  7. sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati, quasi tutti i giorni

  8. ridotta capacità di pensare o concentrarsi, o indecisione, quasi tutti i giorni;

  9. pensieri ricorrenti di morte, ricorrente ideazione suicidaria senza un piano specifico, o un tentativo di suicidio, o un piano specifico per commettere suicidio

Per fare diagnosi di episodio depressivo maggiore, i sintomi devono recare un disagio significativo o una compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti. L’episodio di alterazione dell’umore, inoltre, non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o a un’altra condizione medica generale. La durata media di un episodio depressivo maggiore può durare da 6 mesi a un anno, a seconda della gravità (Blaney & Millon,  2009).


Esordio e decorso della depressione

In termini temporali i disturbi depressivi presentano un esordio collocabile a partire dall’infanzia, all’adolescenza e durante tutta l’età adulta. L’esordio della depressione può comparire in relazione a un’ “evidente” situazione scatenante (ad esempio, la perdita di una persona cara, la perdita del lavoro o difficoltà economiche, la rottura di una relazione affettiva, una malattia/invalidità fisica), ma questa non è una condizione necessaria: anzi spesso un disturbo depressivo vi palesa anche in assenza di uno specifico evento scatenante.

Secondo lo studio ESEMeD (European Study of the Epidemiology of Mental Disorders)  la prevalenza in Italia dei disturbi depressivi nell’arco della vita è dell’11,2% (14,9% nelle donne e 7,2% negli uomini). Sopra i 65 anni di età i disturbi depressivi (intesi nello studio come depressione maggiore e distimia) hanno una prevalenza pari al 4.5%. Altre ricerche epidemiologiche evidenziano che il 2% dei bambini e il 4% degli adolescenti ha in un anno un episodio di depressione.

Nelle donne la depressione può comparire in alcune fasi della vita, quali il periodo post-partum o durante il periodo di transizione verso la menopausa. Nel momento in cui l’esordio è collocato nel peripartum, cioè durante la gravidanza o a 4 settimane dal parto, si parla di una specifico sottotipo di depressione che è chiamato appunto Depressione post-partum.

Il decorso dei disturbi depressivi è estremamente variabile a seconda del quadro clinico individuale e delle comorbilità con altri disturbi psicopatologici. Ad esempio, generalmente, un episodio depressivo maggiore dura almeno sei mesi (oscillando in termini di durata tra i 3 e i 12 mesi). Nella maggior parte dei casi, si ha remissione completa, e il funzionamento dell’individuo ritorna ai livelli premorbosi. Un 5-10% di casi diviene cronico.


Trattamento e cura della depressione

I disturbi depressivi possono essere efficacemente curati attraverso un approccio psicoterapico e/o farmacologico. In Italia solo il 29% dei soggetti affetti da depressione maggiore chiede aiuto per la depressione e ricorre a un trattamento nello stesso anno in cui insorge (Wang et al., 2007). La depressione non riconosciuta e/o non trattata può portare la persona che ne è affetta a gravi conseguenze, tra cui l’inefficienza lavorativa,  l’apatia, l’appiattimento affettivo-relazionale, l’isolamento e in generale il peggioramento significativo di tutta la sintomatologia. È quindi fondamentale essere consapevoli e riconoscerne i sintomi dei disturbi depressivi e rivolgersi a uno psicoterapeuta o a uno psichiatra per evitare la cronicizzazione e le conseguenze più gravi della malattia.

Dagli studi scientifici emerge che attualmente le cure per la depressione più efficaci  sono il trattamento farmacologico abbinato alla psicoterapia cognitivo-comportamentale. L’integrazione tra il trattamento farmacologico e la psicoterapia cognitivo-comportamentale viene valutato dal clinico specialista a seconda del quadro clinico generale, della tipologia di disturbo depressivo e della sua gravità.

Secondo l’approccio cognitivo-comportamentale, i pensieri e le convinzioni negative su di sé, sul mondo e sul futuro hanno un ruolo chiave nell’esordio e nel mantenimento della depressione. Nella cura di questo disturbo, dunque, la terapia cognitivo-comportamentale si focalizza soprattutto sui modi in cui il soggetto interpreta gli eventi che accadono, vi reagisce e valuta se stesso. Il terapeuta cognitivista si propone di aiutare il paziente a identificare e modificare i pensieri e le convinzioni negative che ha su se stesso, sul mondo e sul futuro, ricorrendo a specifiche tecniche cognitivo-comportamentali. Il cambiamento nel modo di pensare porterà a una regolazione del tono dell’umore e a modificazioni dei sintomi e dei comportamenti, che a loro volta influiranno positivamente sui pensieri. Parallelamente a ciò si inserisce l’intervento terapeutico rispetto al comportamento quotidiano del paziente, attuando in maniera graduale specifici cambiamenti e procedendo in direzione inversa rispetto alla tendenza all’inattività e all’isolamento sociale indotta dal disturbo. Negli ultimi anni numerose ricerche hanno inoltre evidenziato l’efficacia della Terapia Metacognitiva, in forma individuale o di gruppo. Il modello della Terapia Metacognitiva mira a discutere le credenze che sostengono stili di pensiero maladattivi, come la ruminazione, interrompendo il circolo vizioso di mantenimento della sintomatologia depressiva.


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Bibliografia



  • American Psychiatric Association. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – Quinta Edizione. A cura di Biondi M. Raffaello Cortina Editore, Milano 2014.

  • http://www.dsm5.org/documents/changes%20from%20dsm-iv-tr%20to%20dsm-5.pdf

  • https://www.nice.org.uk/Guidance/cg90

  • Blaney, P. H., & Millon, T. (2009). Oxford textbook of psychopathology. New York: Oxford University Press. Chicago (Author-Date, 15th ed.).

  • Beck, A. T. (1976). Cognitive therapy and emotional disorders. New York: Meridian. Trad it. Principi di terapia cognitiva. Roma: Casa Editrice Astrolabio, 1984. Wells, A. (2008). Metacognitive Therapy for Anxiety and Depression. New York: Guilford Press.


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